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Interviste

A colloquio con Susanna De Angelis Gardel
Di Eduardo Grottanelli De’ Santi

Nell’accezione comune “autodidatta” lascia intendere una persona che approccia una determinata materia senza avere alle spalle particolari studi o percorsi formativi. Se poi l’autodidatta nel corso della sua attività “osa” addirittura cimentarsi in discipline diverse, allora si consolida l’idea di essere di fronte a un “dilettante”, per quanto bravo, e non già a un professionista serio e preparato.

Nulla di più errato quando il personaggio in questione è Susanna De Angelis Gardel, che nella sua personale ricerca artistica non ama l’attribuzione di facili etichette (pittrice, scultrice e altro ancora da attendersi nei prossimi anni), preferendo piuttosto spiegare il suo approccio con l’arte come il punto di arrivo o, meglio, lo sbocco naturale di una ricerca interiore intrapresa molto tempo fa con grande serietà per soddisfare la parte più profonda e al tempo stesso più curiosa della sua personalità: quella che ha sempre avuto sete di conoscenza.

“Ho seguito tecniche che mi hanno fatto conoscere, seppur in piccolissima parte, ciò che siamo realmente, che è molto diverso da quello che spesso crediamo di essere. Mi rassicurava il fatto che tutte comunque, anche se ognuna in modo differente, alla fine mi confermassero la grandezza del nostro essere. Durante una di queste pratiche, ho ‘visto’ me stessa scrivere il mio nome con grande calma e serenità su tutti i muri della casa, nessuno escluso. Non potevo immaginare che da lì a pochi anni questa visualizzazione si sarebbe concretizzata in quadri dipinti e firmati da me.”

Esiste un linguaggio universale dell’arte che prende forma e visibilità attraverso la ricerca artistica e spirituale. Questa lingua lega passato, presente e futuro, per mezzo di un sentimento insito negli uomini di ogni tempo e di ogni luogo. L’arte è ricerca essenziale, si riferisce all’umanità in generale, ma al tempo stesso mantiene la propria dimensione individuale di indagine di se stessi e del mondo, che si forma nell’espressione dell’interiorità dell’artista, libero da qualsiasi vincolo, obbligo e dovere.
“Lavorando, mi sono resa conto che i miei progetti tendono ad avere un contenuto che riguarda la mia persona ma che è anche universale. Non si tratta di una scelta ma di un’esigenza, evidentemente, perché mentre sviluppo un tema e ne approfondisco i valori dentro di me mi sembra di condividerli anche con gli altri. Se poi chi guarda un mio quadro o una mia scultura dà una sua personale interpretazione, per me è solo un valore aggiunto.”

Spesso l’arte viene considerata una realtà troppo nobile e alta per essere patrimonio anche di persone “comuni”, ma così non è nella concezione di questa artista. Al contrario, l’arte ha spesso la capacità di condurre l’uomo a rallentare il proprio fluire e rifluire di azioni e passioni e a immobilizzare, anche se solo per un istante, la propria vita interiore permettendogli di guardarla. In questa condizione più “contemplativa” di cui l’arte ci rende partecipi, ci sentiamo più consapevoli, più in sintonia gli uni con gli altri, più disponibili a fermarci per cercare di cogliere, per quanto possibile, il vero senso della nostra esistenza.

“L’arte è dentro ognuno di noi, nessuno escluso, e non la si può definire così come non si può definire cos’è l’anima. Io credo che l’anima esprima a diversi livelli, in base alla sua maturità, l’arte che potenzialmente racchiude in se stessa. Tutto è dentro di noi: pittura, scultura, architettura, musica sono espressioni artistiche strettamente collegate tra loro proprio in quanto frutto di una creatività innata e attraverso le quali l’artista trasmette emozioni che spesso ‘risuonano’ nello spettatore coinvolgendolo.”

Così, ben prima di iniziare a dipingere, Susanna De Angelis era già consapevole che l’arte, in ogni sua manifestazione, è la più alta espressione umana
di creatività e rappresenta probabilmente uno dei momenti più “sacri” che permettono all’uomo di esteriorizzare la propria interiorità. L’arte diventa dunque un linguaggio per comunicare con gli altri. Il filosofo Maritain affermava che “l’arte […] è l’agente di spiritualizzazione più naturale di cui abbia bisogno la comunità umana”.

A questa nuova sfida nel mondo dell’arte, con la pittura prima e la scultura poi, corrisponde l’emergere di un altro peculiare aspetto del carattere di Susanna De Angelis: la serietà, la meticolosità, il rigore con cui affronta ogni impegno, nella vita (una famiglia, un marito, due figli) così come nel suo percorso artistico.

I critici d’arte hanno riconosciuto in lei una grande preparazione tecnica, acquisita, ancora una volta, grazie a uno straordinario impegno e a un suo personale talento. “Ho creato le mie tecniche sperimentando il più possibile materiali, tele, colori, pennelli e poi prove su prove, tante domande a negozi di belle arti, disegni, bozzetti ecc. La sperimentazione occupa molto tempo ma è alla base di un buon lavoro. Ho amato da subito la morbidezza della pittura a olio, che ho adottato per quasi tutti i miei lavori.”

Viaggi, animali, volti e persone, momenti della vita reale sono così entrati nel tempo a far parte della sua produzione artistica. “Ho iniziato con una pittura figurativa perché avevo molto materiale fotografico cui ispirarmi, o forse è meglio dire sfidarmi. Molti viaggi fatti, quindi molti spunti e tanto amore anche per la fotografia. Ho scelto di misurarmi con i grandi animali della savana: leoni, leopardi, ghepardi, zebre, giraffe, gnu; poi anche gorilla, tigri e tanti altri. Passato quel ‘mal d’Africa’ che si è concretizzato nel progetto intitolato Creatures, ho voluto esplorare tecniche nuove e dipingere figure umane. Non ho più lavorato sulla tela bianca, ma sul suo retro: ho intitolato questo nuovo progetto Creatures 2. I soggetti mi sono stati ispirati da persone incontrate per strada, come il vecchio guatemalteco o il mendicante indiano seduto per terra o la bambina dell’Honduras con la sua cesta, o ancora il piccolo cinese dello Yunnan che, mezzo nudo, mangia da solo seduto sul marciapiede. Queste persone hanno attirato la mia attenzione e mi hanno lasciato un segno. Non so perché ho voluto rappresentare tutte queste ‘creature’ su tele così grandi, me lo sono chiesto più volte ma non ho ancora una risposta.”

La regola di vita semplice e rigorosa, sempre gioiosamente applicata, del fare del proprio meglio e soprattutto di farlo per se stessa, porta l’artista all’unione tra conoscenza materiale e abilità manuale: mente e mano funzionano rinforzandosi, l’una insegna all’altra e viceversa.

L’incontro con la scultura rappresenta dunque quasi la naturale evoluzione di un percorso personale.

“Con la pittura ho passato più di dieci anni in felice solitudine. Evidentemente quella condizione era ciò di cui avevo bisogno in quel periodo, anche se non ne ero completamente consapevole. La scultura invece mi è balzata incontro con un entusiasmo che ha spiazzato anche me. La sua tridimensionalità mi ha affascinato fin dal primo approccio e la sua ‘forza’ è diventata all’istante la mia. Il piacere di toccare la materia e sentire nelle mie mani il potere di plasmarla mi dava una sensazione straordinaria. Il mio lavoro si poteva finalmente articolare nello spazio. Non sentivo più la necessità di stare da sola. Ecco che, come se fosse stata solo una decisione e non un bisogno interiore, mi sono trovata catapultata in una fonderia con persone che ho scoperto poi essere meravigliose, tutte molto competenti nella propria specializzazione. Credo che ci sia in noi un’intelligenza innata che ci guida, occorre solo intercettarla. In tal modo è nato questo progetto nell’ambito della scultura che ho intitolato Karékla, una sedia per l’anima. Con esso ho voluto rappresentare il turbinio di pensieri che spesso agita la nostra mente e se ne impadronisce. Paure, pregiudizi, storie, speranze… un dialogo interiore del quale molto spesso non siamo neppure consapevoli. Ho raffigurato questi pensieri, che sono forme di
energia, con delle piccole sedie che si rincorrono e si aggrovigliano creando strane forme dentro e fuori la nostra mente. A volte vorremmo che questo meccanismo
che ci imprigiona si allentasse e che i nostri pensieri si acquietassero, si ‘sedessero’, lasciando spazio a un sentimento di pace. La sedia è l’oggetto che maggiormente evoca il senso del fermarsi, del riposare, dello ‘stare’. Ho creato piccole sedie dalla seduta ‘piena’ che, nella mia visione, raffigurano i pensieri carichi di energia, e altre ‘vuote’ che rappresentano i pensieri la cui energia si è finalmente dissolta. La figura del gallo, invece, si ricollega alla simbologia della rinascita interiore, del risveglio.”

Negazione, rimozione, distorsione e occultamento. In queste sculture i volti appaiono solo come reperti antichi ricostruiti dagli occhi e dalla mente di chi guarda. Eppure non sembrano nascondere qualcosa ma, al contrario, comunicano in modo prepotente tutte le molteplici forme che assume il travaglio interiore: incomunicabilità e solitudine strisciano intorno a queste teste, oppure, a volte, sembrano quasi esplodere in forme diverse, esprimendo estro, creatività e fantasia.

La scelta dei titoli in greco per le sculture e le figure dei visi assolutamente astratte, senza espressione, evoca un “senza tempo” e una “universalità” che rendono queste opere straordinariamente partecipi della più profonda e intima condizione umana.